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Big Snow. Quando Gelo e Neve facevano l’inverno

Gli inverni d’altri tempi. Quando l’inverno faceva la voce grossa.

Quando si sente dire: “Big Snow“, “Alpi sommerse dalla neve“, “Gelo e Neve” o anche soltanto “Inverno storico“, vien da ridere se si pensa cosa han dovuto affrontare i nostri nonni negli inverni passati quando, l’Inverno faceva il suo dovere: l’INVERNO!

Ci fu un tempo in cui davvero, gli eventi Meteo scrivevano le pagine della storia meteorologica italiana. Tempi in cui le nevicate erano degne del neologismo “Big Snow”.

Spesso oggi il neologismo è usato davvero a sproposito ed anche solo per annunciare una blanda nevicata, sì e no da 10 centimetri, magari annunciata a titoloni cubitali: “ARRIVA BIG SNOW. ALLERTA MASSIMO SUL NORD ITALIA!” Molti di noi si auspicano possano ancora ripetersi queste grandi nevicate, non per veder ripetersi morte e distruzione, ma per tornare a vedere, da Nord a Sud, stagioni che mostrino i loro più tipici caratteri invernali.

I migliori eventi invernali (Gelo e Neve/Big Snow) dai primi del ‘900 ad oggi.

Inverno 2012

Tra i mesi invernali, il più interessante della storia recente è stato sicuramente il mese di febbraio 2012, in cui temperature quasi estreme vennero registrate su buona parte della nostra penisola, nelle aree di pianura si toccarono i -15.2°C a Novara, -17.8°C a Milano Malpensa, -14°C a Rieti e i -3.2°C di Cagliari-Elmas.
Questi furono valori degni degli inverni del passato.

Inverno 1985/1986

Il più blasonato è il gennaio del 1985, grazie a Gelo e Neve è ancora considerato uno dei mesi più nevosi di sempre in tutta Italia ma, le intere stagioni invernali del 1985/1986 e poi 1986/1987 risultarono comunque ottimamente nevose.
L’inverno è stato accompagnato da temperature minime estreme se non addirittura record, su tutte le pianure d’Italia da Nord a Sud.

Come dimenticare i -22.2° registrati all’aeroporto di Firenze con valori diffusamente attorno ai -20°C in tutto il Nord Italia, i -7.8°C registrati sul litorale laziale, i -2°C di Cagliari seguiti da veri e propri blizzard che portarono 50/60 cm di neve sulle colline della Sardegna.

In questo articolo, pubblicato da Meteogiornale 15/1/1985: Cronaca di una nevicata da favola (o da incubo?) nel biellese – MeteoGiornale.it nell’anno del grande gelo seguito dalla grande nevicata del’85.

Inverno 1956

Interessante è stato anche il febbraio del 1956 quando gelo e neve fecero la loro comparsa su tutta la nostra penisola: impossibile non menzionare i -15.6°C di Milano Linate, i -21.8°C di Torino Caselle, i -27.4°C di Dobbiaco o i -4.5°C di Napoli.

A tutt’oggi, il 1956 resta l’anno record per il gelo con la temperatura media più bassa dal 1800 ad oggi in Piemonte. A ricordo di tale inverno fu scritta la canzone di Mia Martini “La nevicata del ’56”.

Inverno 1929

Tornando indietro, a cavallo tra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, non possiamo non ricordare l’incredibile inverno del 1929.
Alcuni record negativi registrati nel ’29, resistono ancora imbattuti in alcune zone d’Italia: da citare i -15.6°C di Trieste, i -15°C a Milano Brera, i -15.5°C di Torino, i -25°C di Ravenna e i -27°C ad Anzola, in Emilia.

Inverni difficili con i loro record, la loro bellezza, ma anche i disagi e le morti che li accompagnarono.

Una curiosità sui massimi accumuli di neve (Big Snow del passato)

Ogni Perturbazione o Depressione che arriva in Italia, fa storia Meteorologica a sé.

Non sempre le nevicate che giungono sul Nord Italia sono omogenee. Succede per esempio che, una nevicata record in una vallata, potrebbe non scaricare lo stesso quantitativo di neve in un’altra vallata della stessa regione.

Così mentre i massimi accumuli di neve dell’era moderna in Piemonte risalgono all’inverno 1971/1972, nel Biellese montano ad Oropa, l’inverno con i massimi accumuli di neve caduta nell’intero inverno fu quello del 1940/1941, come illustrato di seguito.

Gli articoli pubblicati dal giornale locale “Corriere Valsesiano” ci dicono che nell’inverno ‘71/72 la neve superò per altezza anche le storiche nevicate dell’800. L’Osservatorio Meteosismico di Oropa (Biella) registrò la massima neve al suolo durante un singolo episodio nevoso il 7 marzo 1972 con 242 cm totali ma nell’intera stagione invernale l’accumulo totale di neve non superò quelli del ’40/41.

Rimasco-Ferrate-Val d’Egua (Valsesia) durante la BIG SNOW l’inverno di Gelo e Neve del 1971/1972

I record di neve caduta in Inverno ad Oropa (Biella)

  • 629.0 i centimetri di neve caduti da ottobre 1941 e maggio 1942. Questo resta il record imbattuto dell’era moderna in questa località montana Piemontese
  • 587.0 cm inverno 1985/1986
  • 554.0 cm inverno 1971/1972
  • 530.5 cm inverno 1933/1934
  • 518.5 cm inverno 1958/1959
  • 423.0 cm inverno 1934/1935
  • 406.0 cm inverno 1986/1987

L’anno con il massimo accumulo di neve da gennaio a dicembre fu il 1941 con 578.5 cm mentre il più avaro di neve fu il 2007 quando, sempre ad Oropa caddero soltanto 44 cm di neve.

E prima ancora?

Quello che probabilmente in pochi conoscono, perché troppo lontano nel tempo, è l’incredibile inverno del 1888 di cui forse si è persa memoria.

INVERNO 1888 QUANDO GELO E NEVE DIEDERO VITA ALL’ANNO DELLA VERA “BIG
SNOW”, LA GRANDE NEVE SULLE ALPI.

In quell’anno, non fu tanto il freddo a far parlare di sé, bensì le nevicate avutesi dopo un avvio di stagione alquanto mite ed avaro di precipitazioni. Qualcosa di veramente incredibile era all’orizzonte…

Scriveva su un quotidiano Piemontese dell’epoca, Padre Francesco Denza, Direttore dell’Osservatorio Meteorologico di Moncalieri (Torino): “singolare nei fasti della meteorologia, non solo per durata ma eziandio per la frequenza delle nevicate che furono del tutto singolari e per la quantità di neve caduta, che per molti luoghi delle Alpi e dell’Appennino fu copiosa oltremodo”.

A ottobre nevicò abbondantemente sull’Appennino Ligure dove caddero più di 150 cm di neve (…)

Oropa 1888

Le precipitazioni nevose si susseguirono nel corso dell’intero inverno con uguale ed anzi maggiore energia

… e non si esaurirono che nel mese di marzo. Le nevicate più potenti si ebbero a inizio dicembre ma specialissime furono quelle di fine mese ma soprattutto quelle di fine febbraio (…)

A dicembre nevicò soprattutto in Emilia, meno in Romagna e nelle Marche. In quell’occasione caddero più di 2 metri in montagna sull’Appennino Settentrionale. Nevicò persino a Roma, Bari, Napoli, in Basilicata, sull’Etna e in Sardegna (…)

Venne febbraio quando si rafforzò un Anticiclone sul Nord Europa. Tra il 26 febbraio e il 6 marzo si formarono due Depressioni nel Mediterraneo. Una sul basso Adriatico, l’altra sul Golfo di Genova richiamando aria gelida dalla Russia che, contrastando con le umide correnti Mediterranee diedero luogo a nevicate “specialissime” che causarono in tutta Europa più di 500 morti di cui 248 nelle sole regioni alpine.

In quei giorni nevicò in tutta Europa tranne che in Gran Bretagna e nel Sud del Spagna e le nevicate raggiunsero ovunque il metro d’altezza, superando i 3 metri sulle Alpi toccando luoghi poco avvezzi alla neve con punte fino a 4 metri in Val d’Ossola, Valsesia, Valli laterali della Dora
Baltea, Alpi Cozie ed Alpi Marittime. Moltissima neve cadde anche in Svizzera nel Canton Ticino, nel Vallese e nei Grigioni, oltre che in Austria e Tirolo.

Vi fu molto meno maltempo sulle regioni Adriatiche dove soffiava secco il vento di Ponente sotto forma di föhn”.

Ed ecco gli accumuli di neve totale a fine evento, riportati dallo stesso Padre Denza e raccolti dai vari Osservatori Meteorologici d’Italia:

► Centro e Sud Italia fine Febbraio 1888
Casentino 140 cm
Castelnuovo Garfagnana 93 cm
alta valle d’Enza 40 cm
L’Aquila 97 cm
Montevergine-Avellino 84 cm
► Nord Est Italia fine Febbraio 1888
Carnia – Stella di Razzo/Gasera 493 cm (totale mese 698 cm)
Socchiave 150 cm (totale mese 220 cm)
Auronzo di Cadore 242 cm (totale mese 330 cm)
Rubbio-Vicenza 250 cm
Recoaro Terme 147 cm
Gardone-Brescia 200 cm
Collio 150 cm
► Lombardia fine Febbraio 1988
Bergamasco collinare dai 2 ai 3 metri Valtellina, più neve attorno allo Spluga rispetto alle aree Orientali della valle.
Aprica 373 cm
Pianazzo 300 cm
Stelvio 136 cm
Sondrio 77 cm
Bormio 71 cm
Varese 100 cm
Argegno-Lago di Como 70 cm
► Piemonte Settentrionale Febbraio 1888
Campello Monti-Verbania 480 cm
Domodossola 408 cm
Pestarena 400 cm
Gurro-Valle Cannobina 374 cm
Sempione 365 cm
Mottarone di Stresa 340 cm
Levo di Stresa sul Lago Maggiore 120 cm
Varzo 200 cm
Rivò di Coggiola-Biella 400 cm
Trivero da fondovalle al Santuario a 1400 mt dai 150 ai 450 cm
Oropa-Biella 325 cm
Piedicavallo 300 cm
Graglia 210 cm
Camandona 170 cm
Quittengo 90 cm
► Valle d’Aosta fine Febbraio 1988
Molta neve cadde tra St. Vincent le valli del Cervino e Rosa e Gran Paradiso. Molta meno sulla Valle d’Aosta Occidentale.
345 cm Gressoney
295 cm Cogne
200 cm Piccolo San Bernardo
190 cm Bard
35 cm Aosta
► Piemonte Centro-Meridionale fine Febbraio 1888
Noasca-Torino 330 cm
Frassineto e Val Chiusella 245 cm
Ceresole Reale 120 cm
Balme 350 cm
Ciriè 144 cm
Usseglio 300 cm
Viù 200 cm
Balangero 170 cm
Lanzo 160 cm
Moncenisio 325 cm
Sacra di S. Michele, Novalesa e Exilles 210 cm
Chiomonte 188 cm
Cesana 150 cm
Susa 107 cm
Bardonecchia 85 cm
Prali 350 cm
Ferrero 250 cm
Fenestrelle 225 cm
Entracque-Cuneo 432 cm
Valdieri 276 cm
Borgo S. Dalmazzo 220 cm
Dronero 200 cm
Boves 160 cm
Cuneo 144 cm
Fossano 126 cm
Crissolo 195 cm
Sampeyre 180 cm
Venasco 160 cm
Saluzzo 100 cm

Quando paura e morte caratterizzavano gli inverni delle vallate alpine piemontesi – (le vere “Big Snow”) –

La cronaca

14 febbraio 1888
Iniziamo il racconto della cronaca di quell’inverno, con la citazione di alcuni brani del diario del maestro di scuola di Rima S. Giuseppe (piccolo paese montano della Valsesia in provincia di Vercelli, oggi detto: Alto Sermenza), Antonio Giulietti, che scriveva di un cielo che, fino a quel giorno risultò serenissimo ma che, “improvvisamente incominciò a farsi scuro“.

15-22 febbraio 1888
“Nevicò il giorno 15 e 16, ed il maltempo sostò per poco anche il 17“, scrive ancora Giulietti. “Il 18 gli abitanti delle vallate alpine andarono a liberare le strade ormai colme di ingenti accumuli nevosi, senza preoccuparsi dei grandi pericoli che erano in agguato”.
“Il 19 riprese a nevicare, continuò poi anche il 20, il 21 e il 22 e la neve, che di per sé era molto asciutta, ancora non creava particolari problemi legati alle valanghe“.

25 febbraio 1888
“Riprese a nevicare, questa volta con maggiore intensità cadendo a falde larghe, umida e pesante tanto che, alle quote medie della valle gli accumuli superavano già i 200 cm“.

26 febbraio 1888
“Al mattino la nevicata diventava sempre più fitta, da ogni parte delle vallate si udivano sordi rumori prodotti dal precipitare di numerose valanghe. La paura tra gli abitanti dell’intera Valsesia cresceva man mano che forti venti (creati dallo spostamento delle masse nevose)
facevano vibrare paurosamente porte e finestre delle abitazioni“.

26 febbraio 1888, ore 10 antimeridiane
Sempre nel paesino di Rima S. Giuseppe, in Valsesia, prosegue Giulietti, “si stava per svolgere la Santa messa“. “I più anziani rimasero a pregare nelle loro abitazioni perché gli era impossibile spostarsi, mentre donne, uomini e ragazzi si recarono con fatica alla chiesetta. Durante la predica del parroco, un forte rumore seguito da una slavina investì la Chiesa, creando il panico generale, fortunatamente senza cagionare alcun ferito“.
Rima non fu però l’unico paese a provare la paura ed il terrore in quell’infausto giorno: tutte le vallate alpine del Piemonte, da Nord a Sud, ebbero svariati e grandi disagi.

28-29 febbraio/1 marzo 1888
La neve non cadeva più, il cielo rimase coperto per l’intera giornata, ma diede respiro alle vallate alpine, dove le popolazioni colpite e gli animali provarono a tornare alla normalità.
Sempre a Rima in Valsesia, “gli abitanti scavarono per ore ed ore prima di poter ritrovare la vasca da cui si attingeva l’acqua: il più importante tra tutti i viveri!”
“L’ultimo giorno del mese di febbraio si presentò con un bel cielo azzurro, ma il giorno dopo, l’azzurro scomparve dietro una fitta nebbia, mentre nei paesi e vallate alpine si scavava ancora nella neve, tra abitazioni, stalle, scuole e cimiteri“.

3 marzo 1888
Da tutto il Piemonte giungevano notizie drammatiche: nelle vallate alpine si segnalavano vittime, case spazzate via dalle valanghe e boschi rasi al suolo.

17 marzo 1888
Il peggio era ormai passato. Gelo e Neve andavano smorzandosi. La gazzetta della Valsesia del 17 marzo, pubblica un resoconto nel quale viene segnata la quantità di neve caduta in febbraio nella Valsesia e nel vicino Biellese: Colle di Valdobbia 475 cm, Riva Valdobbia 340 cm, Oropa 325 cm, San Giovanni di Andorno 225 cm, Varallo Sesia 126 cm.
La maggiore quantità di neve cadde al passaggio delle due bufere del 15/16 febbraio e del 26/27 febbraio e soprattutto di quest’ultima, “si rinnovarono in maggiore intensità le condizioni propizie di cosiffatte meteore”.

18 marzo 1888
Mentre continuavano a cadere valanghe ovunque sull’arco alpino, da Riva Valdobbia, in Valsesia, giungeva un interessante commento: “di nevicate come questa non se ne ricorda altra a memoria d’uomini“.
La nevicata del 1845 fu assai simile, ma fu minore in volume ed intensità. Si può ragionevolmente prevedere che quell’anno si ripeté il caso dell’inverno 1600, in cui “alla fine di maggio la campagna biancheggiava ancora di neve invernale”.

29 marzo 1888
In seguito a piogge torrenziali, cadono in Valsesia, le ultime valanghe della stagione.
“la valanga più grande si manifesta a Monte Saliceto, ove una grande massa nevosa sbarra il torrente Mastallone ormai in piena. Il torrente forma in breve un lago, che giunge a inondare il Voj e danneggiare il ponte che ne consentiva la viabilità. Mancando i fondi per far fronte
alle spese più urgenti, venne chiuso il transito a carretti e animali bovini”.

Aprile 1888
Il tragico inverno è finalmente trascorso. Gelo e Neve restano un brutto ricordo. La neve si scioglierà lentamente, ingrossando torrenti e ruscelli per tutta l’estate; affioreranno le rovine delle case, delle stalle e dei boschi devastati. “Nei piccoli cimiteri di montagna ci sarà qualche croce in più, e fra queste, alcune di bimbi e di giovinette cui sorrideva la vita. Cresceranno i
rovi ed il viandante non saprà mai che un giorno, in quei luoghi, vissero e morirono intere famiglie”. Ancora: “Nei cuori dei valligiani il ricordo non sarà mai cancellato ed oggi, ad un secolo da quegli avvenimenti, c’è ancora qualcuno che parla delle grandi nevi del 1888“.

L’inverno seguente
“L’inverno che seguì fu uno dei più miti che si possano avere in queste nostre contrade” continuava a scrivere Giulietti. “Nel lasso di 30 anni di osservazioni (1859/1888), non vi sono che due soli inverni, cioè quelli del 1865/1866 e del 1872/1873, che si possano paragonare a
questo per assenza di Gelo e Neve“.

Il 1872 fu l’anno di grandi e gravi inondazioni in tutto il Nord Italia.

► Un altro anno infausto! Nel solo mese di ottobre del 1872, presso l’antico Osservatorio Meteorologico del Santuario di Oropa (Biella), si registrarono ben 1759 mm di pioggia caduta (tanta quanta normalmente ne cade in un intero anno in alcune località del Torinese) portando l’accumulo totale dell’intero anno 1872 a raggiungere i 3700 mm.

Quello a seguire fu però un inverno atipico, dapprima spesso sereno ed anonimo, poi all’insegna di Gelo e Neve.

INVERNO 1872
Dopo le grandi e gravi inondazioni di ottobre, il maltempo si smorzò e gli Anticicloni dominarono fino almeno all’inizio di gennaio quando, tra il 9 ed il 10, si ebbe la prima nevicata di stagione ma, con non più di 15 cm di neve all’Ospizio Sottile sul Monte Rosa.

Stesso regime secco ci fu anche nei mesi a seguire. Poche altre nevicate a febbraio ma ognuna fu, improvvisa, abbondante e caratterizzata da bufere di vento. Altrettanto abbondanti (tanto da superare il metro ed oltre ad ogni singolo evento, sui monti della Valsesia) furono le nevicate di
marzo ed aprile, tanto da “cagionare nuovi e diffusi danni”.

Ad ogni modo, dopo il nefasto 1888, i giornali non ebbero di doversi occupare di grandi nevicate, ovvero di Gelo e Neve, né di disgrazie per tutta la fine del secolo.
Si dovette attendere gli anni’20 del ‘900  per poter annoverare nuovi eventi meteo estremi quali il caldo 1921 che ha mantenuto a lungo il record di anno con la temperatura media annuale più elevata dell’intero secolo ad Oropa-Biella, superato poi più e più volte dai recenti anni ‘2000.

Riflessione su probabili scenari.

Oggi, con la nostra tecnologia, saremmo ancora in grado di affrontare inverni simili?
Siamo sicuri che i mezzi di informazione, di prevenzione, e infine quelli di soccorso, bastino se mai si dovesse ripetere un evento simile al 1888?
Al di là di un cambiamento climatico sempre più evidente, ogni annata avrà i suoi record, positivi o negativi che siano, innocui o meno.
Non ci resta che aspettare, studiare ed analizzare eventi e stagioni del passato, sicuri che, prima o poi, verrà scritta ancora un’altra storica pagina della meteorologia.

“GELO E NEVE/BIG SNOW” – di: Nicholas Ciana
in collaborazione con Nunzio Larosa e Angelo Giovinazzo

Bibliografia: Elvise Fontana – 1977 Inverni storici Valsesiani
Osservatorio Meteorologico di Oropa (Biella) e Moncalieri (Torino). Appunti di Don Silvano Cuffolo, Camillo Sormano, Padre Francesco Denza.

L’osservatorio Meteorologico di Oropa iniziò in forma sperimentale nel 1872 per iniziativa di Padre Francesco Denza, Barnabita di Napoli, illustre scienziato e astronomo della Specola Vaticana, fondatore del Regio Osservatorio Carlo Alberto di Moncalieri.
La stazione termo-pluviometrica di Oropa divenne operativa nel 1874. La strumentazione venne offerta dal Club Alpino Italiano di Biella.

L’attività è proseguita con alterne vicende fino al 1894 quando con la morte di Padre Denza la rete di oltre 300 osservatori da lui avviati in Italia incontrò molte difficoltà di gestione e di continuità di lavoro.

Finalmente nel 1920 l’Osservatorio di Oropa venne rinnovato e potenziato anche come stazione sismica, godendo ancor oggi di grande prestigio.

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